Secondo i dati dell'Oecd (Osce) rielaborati dall'Economist, l’Italia non è un Paese per donne lavoratrici.
La ricerca evidenzia che i migliori Paesi per le donne che lavorano sono l’Islanda, con una media dell’82%, la Norvegia (79,3%), la Svezia ( 79%) e la Finlandia (73,8%).

Dalle parole del ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia, si evince una volontà di cambiamento: “Dobbiamo restituire alle donne la semplicità, anche attraverso meno burocrazia. Dobbiamo restituire tempo attraverso la semplificazione, significa restituire alle madri il tempo di stare con i figli. Dobbiamo andare avanti e dare alle donne la possibilità di fare figli anche se non ci sono i nonni. Su questo il Governo ha l’ossessione di andare avanti”, ma purtroppo per il momento l’Italia figura ancora ben al di sotto della media dei Paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

Se sul fronte salariale la distanza tra uomini e donne si sta progressivamente accorciando, il problema reale resta a livello manageriale.
Oltre ai problemi che rendono difficile la loro partecipazione al mercato del lavoro (il ridotto accesso all'istruzione superiore, gli ostacoli burocratici e soprattutto le deboli tutele sul fronte di maternità e assistenza ai figli), le donne riscontrano ancora problemi fondamentali come il fatto che vengono promosse meno e con più difficoltà degli uomini e che raramente occupano posizione di rilievo all'interno della struttura aziendale.

Un segnale che mostra una inversione di tendenza e ci da speranza per il futuro è l’analisi della presenza della donne all'interno dei consigli di amministrazione. Anche grazie a una legge che dal 2015 impone che un terzo dei ministri sia “rosa”, la presenza di parlamentari donne all'interno dei consigli di amministrazione in Italia supera la media Ocse.

The best-and worst- places to be a working woman, The Economist, Mar 2016

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